Virginia Zeani: un personale ricordo.

Il 20 marzo 2023, a West Palm Beach in Florida, s’è spenta a 97 anni Virginia Zeani.

Virginia Zeani tra Carlo Franci e Giorgio De Chirico, per Otello di Rossini.
Teatro dell’Opera di Roma. (1975)

Ascoltai il soprano romeno per la prima e unica volta dal vivo, quando al Teatro dell’Opera di Roma nel gennaio 1975 interpretò Desdemona nell’Otello di Rossini. Ero appena all’inizio della mia “carriera” di melomane, e ricordo poco o nulla di quella serata, se non le scene e i costumi “particolari” di Giorgio De Chirico. Dirigeva Carlo Franci e il ruolo di Otello lo cantava Aldo Bottion. Rividi Virginia Zeani qualche anno dopo, ai primi anni ’80, a un incontro alla Discoteca di Stato a Roma a lei dedicato e ascoltai estratti da varie opere del suo repertorio. Uno di questi fu da Fedora di Umberto Giordano, cantata dal vivo forse a Barcellona nel 1977 con Placido Domingo. Ricordi ancora labili. Ma da quegli ascolti dalla ripresa di suono non proprio perfetta, trassi una sola possibile considerazione: Virginia Zeani era una cantante carismatica che arrivava a toccarti e a convincerti con l’emozione e il sentimento che sapeva immettere nel canto.

Quando nel 2015 Virginia Zeani compì novant’anni, ebbi il piacere di ricordarla con una puntata della “Voce Umana”, il programma sull’opera lirica che all’epoca conducevo su Radio Vaticana. E tramite una sua allieva, le inviai la registrazione di quella trasmissione. Credo che le abbia fatto piacere. Come credo sia bello riportare sulle pagine di questo sito, una sintesi di quella “Voce Umana” a Virginia Zeani dedicata.

Virginia Zeani insieme con il marito Nicola Rossi Lemeni.

Virginia Zehan, meglio conosciuta come Virginia Zeani, nasce il 21 ottobre 1925 in Romania, per la precisione a Solovastru, nella Transylvania centrale. In contemporanea con gli studi di lettere e filosofia, Virginia Zeani compie in patria gli studi musicali con Lidija Lipkovskaja, soprano russo di fama dell’inizio del Novecento, che partecipò tra l’altro alla prima de I Mori di Valenza opera postuma di Amilcare Ponchielli, a Monte Carlo nel 1914. Nel marzo 1947 Virginia Zeani viene in Italia e a Milano si perfeziona nel canto sotto la guida di Aureliano Pertile, uno dei grandi nomi del tenorismo italiano del Novecento. Il debutto avviene con La traviata di Giuseppe Verdi nel Teatro Duse di Bologna nel maggio 1948, dove la Zeani sostituisce un affermato soprano: Margherita Carosio. Alfredo è interpretato da Arrigo Pola, il tenore che sarà poi maestro di Luciano Pavarotti. Il successo per Virginia Zeani è tale che subito gli vengono offerte altre trenta serate, le prime delle oltre seicento recite in cui interpreta Violetta Valery. Personaggio al quale lega la notorietà maggiore, portandolo nei più importanti teatri italiani e stranieri: tra questi l’Opera di Roma, il Comunale di Bologna e il San Carlo di Napoli e ancora la Volksoper e la Staatsoper di Vienna, l’Opéra di Parigi, il San Carlos di Lisbona e il Covent Garden di Londra. A Violetta si aggiungono tanti altri personaggi femminili dell’opera italiana e non dell’Ottocento e del Novecento, cantanti nell’arco di una carriera lunga più di trent’anni. Le biografie parlano di oltre sessanta ruoli interpretati. Nel 1982 Virginia Zeani si ritira dalle scene e si consolida per lei l’esperienza di insegnante di canto, iniziata nel 1980 insieme con il marito, il basso Nicola Rossi Lemeni (1920-1991) sposato nel 1958. Nel 2002 Virginia Zeani si trasferisce in Florida. 

Virginia Zeani e Francesco Albanese
La prima Traviata di Verdi all’Opera di Roma. (1953)

All’inizio della carriera Virginia Zeani si presenta come soprano “lirico”, che diventa poi “lirico-spinto” con il procedere della maturità. Da una vocalità tendenzialmente sentimentale, che fa affidamento su musiche dolci e languide, dal ritmo lento e su una linea melodica legata e cantabile, Virginia Zeani passa a una vocalità da soprano “lirico-spinto” che richiede una voce più robusta, di maggiore corpo, in grado di dare risalto drammatico al canto, pur mantenendo un fraseggio affettuoso e patetico. Insomma un soprano a metà strada tra il celeste paradiso e il profondo inferno, tanto per dare un’immagine concreta. Ecco allora i maggiori ruoli pucciniani: Cio-Cio-San della Madama Butterfly, Manon Lescaut, Tosca e ne La Boheme il ruolo sia di Mimì sia di Musetta e le un po’ più desuete Madga ne La rondine e la protagonista di Suor Angelica. Di Giuseppe Verdi affronta i grandi ruoli della maturità: Aida, Desdemona dell’Otello ed Elisabetta di Valois nel Don Carlo. Non mancano nemmeno i ruoli veristici più noti: Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, Fedora di Umberto Giordano, e Nedda in Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Tutte grandi interpretazioni e di notevole successo, cui contribuiscono anche le non trascurabili avvenenza e presenza scenica.

Virginia Zeani e Richard Tucker in Manon Lescaut di Puccini.
Teatro dell’Opera di Roma. (1969)

Da Lidija Lipkovskajalla, sua maestra di canto, che era un soprano di coloratura e anche molto apprezzato, Virginia Zeani impara a ben gestire il canto di agilità, così che nel suo repertorio non vengono a mancare opere come L’elisir d’amore e Linda di Chamonix di Donizetti, La scala di seta, Il barbiere di Siviglia e Il Conte Ory di Rossini, nonché la bambola Olympia (insieme agli altri tre ruoli) de I racconti di Hoffmann di Offenbach. Non poteva mancare il soprano di coloratura verdiano per antonomasia: Gilda del Rigoletto, che canta alle Terme di Caracalla di Roma nel 1959 con Cornell MacNeil nel ruolo del protagonista. Solitamente Gilda è interpretata da cantanti dalla voce di volume e corpo ridotti, soprattutto con suoni sbiancati ed esili, cui ricorrono per dire la giovinezza e l’innocenza del personaggio. Gilda, a ben guardare, non è affatto quella pupattola scipita o quell’oca giuliva che erroneamente una certa tradizione ha imposto. Gilda è una fanciulla che scopre e si apre all’amore, candida e gioconda sì ma anche appassionata e coraggiosa, se dobbiamo credere al sacrifico di sé che compie per consentire all’uomo che ama di continuare a vivere. Un ruolo pieno di passione e di bellezza, che necessita d’una voce morbida e chiara però anche consistente e d’un canto alato e angelicato pur sempre vibrante e fortemente emotivo. Caratteristiche ben presenti nella voce e nel canto di Virginia Zeani.

Virginia Zeani e Agostino Lazzari in I racconti di Hoffmann di Offenbac.
Teatro dell’Opera di Roma. (1964)

Sempre guardando al repertorio, si scopre che Virginia Zeani affronta ruoli di soprano drammatico di agilità: I Puritani e La Sonnambula di Bellini, Lucia di Lammermoor e Maria di Rohan di Donizetti, Otello e Zelmira di Rossini e finanche I Vespri Siciliani di Verdi, che si possono annoverare tranquillamente tra queste parti. Il termine soprano drammatico di agilità è però di formulazione moderna, coniato dagli storici vociologhi per designare una cantante dalla voce scura e dall’accento incisivo e perentorio, come si suppone fossero la Malibran e la Pasta (tanto per rimanere ai nomi celebri); un soprano che non si sottraeva nemmeno a una vocalità virtuosistica, flessuosa e morbida, perché queste erano le regole, le convenzioni e l’estetica dovute alle eroine dell’opera classico-romantica. È quindi chiaro che per una cantante completa come Virginia Zeani, dalla voce corposa ed estesa, omogenea in tutta la gamma e ricca di armonici, di timbro vellutato e morbida nell’emissione, con l’aggiunta di un fraseggio bello e intenso, vario e colorito, e di un’agilità pulita e fluida, il repertorio belcantistico è l’inevitabile e obbligato approdo. Ma nonostante tal naturalezza Virginia Zeani è criticata per quelle scelte di repertorio. È detto che il suo canto non corrisponde pienamente alle ardue esigenze vocalistiche e stilistiche del soprano drammatico di agilità e di coloratura, perché mostra incertezze d’intonazione e imperfezioni nei passaggi virtuosistici. Nel riascoltare oggi Virginia Zeani, tenendo conto anche del livello tecnico e delle conoscenze filologiche e stilistiche che sono alla base dell’attuale modo di cantare, credo che sia difficile trovare quei difetti di cui parlavano gli “esperti”.

Il repertorio di Virginia Zeani è nutrito anche per i musicisti non italiani. Ecco allora la triade francese più nota: Bizet (Carmen nel ruolo di Micaele e I pescatori di perle) Gounod (Faust) e Massenet (Manon, Thais e Werther) i “grandi” romantici tedeschi: Weber (Il franco cacciatore) e Wagner (Lohengrin e L’olandese volante) e pure i compositori russi: Glinka (Una vita per lo Zar) e Čajkovskij (Eugenio Onegin nel ruolo di Tatiana e La dama di picche nel ruolo della Contessa). Nel vasto repertorio di Virginia Zeani c’è da rilevare infine la presenza della musica moderna e contemporanea: L’amore dei tre re di Montemezzi, La voce umana di Poulenc e Il console di Menotti, e anche la partecipazione alle prime rappresentazioni assolute di I dialoghi delle Carmelitane di Poulenc alla Scala nel 1957, di Alissa di De Banfield nel 1965 a Ginevra e di L’avventuriero di Rossellini a Monte-Carlo nel 1968.

Virginia Zeani tra Enzo Mascherini, Vincenzo Bellezza e Giuseppe Di Stefano per Lucia di Lammermoor di Donizetti.
Terme di Caracalla di Roma (1955)

Una notazione non proprio trascurabile la riporto riguardo a I dialoghi delle Carmelitane, che alla première scaligera sono cantati in italiano, mentre in francese, nella lingua con cui furono concepiti, vengono dati all’Opéra di Parigi cinque mesi più tardi. Massimo Mila che assiste alla prima milanese scrive che l’opera è «una diligente illustrazione analitica dei fatti e dell’ambiente (più che dei caratteri): ma la paura, che è il vero argomento in questa storia di monache militanti, nella musica non c’è». Poi parla di splendida esecuzione collettiva, citando la regista Margherita Wallmann, il direttore Nino Sanzogno e soltanto Virginia Zeani come protagonista.

Virginia Zeani e Gianna Pederzini in Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc.
Teatro alla Scala di Milano (1957)
(fotografia Erio Piccagliani)

Virginia Zeani dunque cantante degna di nota, che non passa inosservata. Di importanza storica. Capace di raggiungere l’eccellenza in tutto ciò che cantava. Sempre. Anche in quelle opere che un poco mettevano alla prova Virginia Zeani, che tuttavia brillantemente superava, grazie alla grande intelligenza musicale e all’assoluta sensibilità stilistica cui era dotata.

2 pensieri riguardo “Virginia Zeani: un personale ricordo.

  1. Bellissimo ricordo. Io.la ricordo in una TRAVIATA alle Terme di Caracalla nel 1968 con un giovane Pavarotti, in TRAVIATA, Otello, Alzira e L’olandese Volante a Roma, quest’ultima ahimè in italiano, ma la Zeani cantò la ballata di Senta anche in tedesco. Credo che la sua Maria di Rohan sia tutt’altro che disprezzabile. E così se ne è andata un’altra di quelle che hanno messo al mondo (della musica) tanti della mia generazione. RIP Virginia e grazie.

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